Perché la regola del 500 o 600 non funziona

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Perché la regola del 500 o 600 non funziona? Quando ci si avvicina per la prima volta alla fotografia notturna con l’intenzione di tentare qualche semplice scatto alla volta celeste attrezzati soltanto di macchina fotografica e cavalletto, capita spesso di incappare in questa diffusa regola sul web.

Una pratica piuttosto semplice per determinare l’esposizione massima da impostare per ottenere stelle puntiformi e nitide nello scatto. E’ chiamata regola del 500, ma la troverete spesso anche indicata come regola del 600 o del 400 o del 450. Già il fatto che la si chiami in mille modi diversi dovrebbe insospettirvi.

E infatti potreste aver iniziato proprio da questa regola per i primi esperimenti notturni ed esservi accorti che non funziona! Che nonostante i diversi calcoli del tempo massimo di esposizione, le stelle sulle vostre fotografie appaiono ugualmente allungate.

A chi si rivolge la regola del 500?

La regola si rivolge esclusivamente ad ambiti di fotografia notturna dove non si disponga di uno strumento per inseguire le stelle, tipo astroinseguitore o montatura equatoriale.

Come funziona la regola del 500?

Il merito della sua diffusione è senz’altro legato alla semplicità con la quale possiamo ricordarla ed applicarla sul campo. Sarà sufficiente dividere il numero 500 (o 600, o 400) per la focale equivalente in uso. Da qui l’essenza stessa del problema: utilizzare il formato del sensore, moltiplicando il fattore di crop per la focale dell’obiettivo, come elemento per il calcolo del tempo massimo di scatto.

Vi ricordo che se non avete dimestichezza con questa regola, prima di andare avanti vi invito a guadare il mio video su YouTube, o a leggere l’articolo scritto, dove vi spiego la regola esattamente così come è stata concepita.

Perché la regola del 500 o 600 non funziona?

In realtà sarebbe meglio dire “perché non funziona… più!”
La regola del 500 è stata ideata per la fotografia analogica, per pellicole da 35mm e per definizioni e risoluzioni di stampa differenti da quelle odiene. Oggi con i sensori digitali, l’alta densità di pixel e le moderne risoluzioni di stampa, questo metodo di calcolo risulta obsoleto.

Ecco la ragione di tanti nomi differenti con i quali la si richiama. Di fronte ad una sua sempre minor efficacia negli anni, a causa dell’evoluzione dei sensori moderni, il fattore per il quale dividiamo la focale equivalente ha iniziato a variare, tentando di riparare un risultato che, partendo da riferimenti sbagliati per il calcolo, non potrà che essere sempre approssimativo e sostanzialmente errato.

La ragione è semplice: per calcolare, anche in modo indicativo il tempo massimo di scatto oltre al quale avremo stelle mosse, NON dobbiamo coinvolgere il formato del sensore e il fattore di crop.
Se vogliamo stimare dopo quanto tempo il più piccolo dettaglio fotografato (in questo caso la stella) si muoverà da un pixel a quello adiacente, e poi al successivo, restituendoci sull’immagine finale una forma allungata, dobbiamo tenere conto del Pixel Pitch.
Sarà necessario quindi mettere in relazione alla lunghezza focale non il formato, ma la dimensione dei pixel presenti sul nostro sensore (pixel pitch o pixel size).

Il campionamento

Per chi già si dedica all’astronomia amatoriale e alla fotografia astronomica, il campionamento è un fattore importante da tenere in considerazione. Il rapporto che lega la lunghezza focale dell’ottica alla dimensione dei pixel del sensore fotografico determina i dettagli che potremo ottenere nelle immagini. Da qui l’astrofotografo fa diverse considerazioni per scegliere il giusto accoppiamento tra ottica e sensore così da massimizzare i risultati fotografici.

Nella fotografia tradizionale il campionamento è meno considerato, ogni produttore che realizza i corpi macchina, costruisce anche ottiche adeguate, ed in generale gli accoppiamenti tra sensori e ottiche offrono meno libertà rispetto al settore della fotografia astronomica con sensori e telescopi di ogni tipo.

Così se fino a poco tempo fa la regola del 500 poteva restituire un valore di esposizione massima ragionevole, oggi si dovrà necessariamente tenere conto del pixel pitch.

A questo proposito Frédéric Michaud della SOCIÉTÉ ASTRONOMIQUE DU HAVRE, ha ideato diversi anni fa la regola MFN, che troverete anche sotto il nome di regola NPF.
Questa regola è proposta in due versioni: una semplificata e adeguata a focali corte, grandangolari, e un’altra più articolata adatta a focali maggiori.

La regola NPF semplificata

Dove:
ts = tempo massimo di esposizione
N = apertura
p = Pixel Pitch espresso in micron
f = focale

Questa semplice formula tiene tra l’altro in considerazione un altro fattore importante: l’apertura, che a sua volta incide sulla diffrazione.
Come utilizzarla? L’operazione è piuttosto semplice:

(35 x apertura + 30 x pixel pitch) ÷ lunghezza focale = esposizione massima

Dove per calcolare il pixel pitch della vostra fotocamera, se non riuscire a recuperare il dato online, sarà sufficiente dividere il lato lungo del vostro sensore (espresso in millimetri) per il numero di pixel presenti sul lato lungo, moltiplicando il risultato x1000 per ottenere un numero espresso in micron, l’unità di misura con la quale si rappresenta normalmente la dimensione dei pixel.

Calcoliamo il Pixel Pitch?

Facciamo un esempio con la mia Nikon D750:
Il lato lungo del mio sensore misura 35,9 mm, mentre questo stesso lato lungo ha un numero di pixel uguale a 6016 px.

(35,9 / 6016) *1000 = 5,96
Lo stesso valore di Pixel Pitch (o Pixel Size) dichiarato da Nikon.

Usiamo la regola NPF

A questo punto possiamo calcolare il nostro tempo massimo di scatto con la regola NPF, ipotizzando di usare un’ottica da 50 mm a f/5.0

(35 x 5 + 30 x 5,96) / 50 = 7,0 secondi

Quanto cambia il risultato rispetto alla regola del 500?

500 / 50 = 10 secondi

E rispetto alla regola del 600?

600 / 50 = 12 secondi

La regola NPF è davvero precisa?

Anche questa regola ha dei limiti evidenti ed è da considerare soltanto come un primo aiuto rapido al fotografo privo di esperienza nella fotografia notturna che desideri fare qualche tentativo.
La ragione è semplice: la versione semplificata della regola NPF (o MFN) non tiene conto della declinazione del campo fotografato inquadrato, elemento invece considerato nella versione completa della formula.

Vi riporto nuovamente il link originale per chi volesse scoprire la matematica dietro a questi calcoli. La declinazione è un fattore ugualmente importante per poter stimare meglio il tempo massimo di esposizione, per tanto soltanto con la versione estesa della regola NPF otterrete un numero abbastanza preciso.

In conclusione la regola del 500 oggi non vi restituire un risultato adeguato ai sensori moderni. Se vorrete continuare ad utilizzarla sarà conveniente sottrarre al risultato dai 5 ai 10 secondi. La regola NPF è senz’altro un’alternativa più precisa.
Al di là di formule e conti ricordate comunque di valutare sempre la puntiformità delle stelle direttamente sul campo, e di intervenire di volta in volta sul tempo di esposizione rispetto al risultato pratico.
Sperimentate e divertitevi! Vi lascio alla versione video di YouTube, alla prossima!

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