Formatore e fotografo professionista specializzato in astrofotografia e fotografia notturna. Nel 2019 premiato in Parlamento per le attività di divulgazione della fotografia astronomica. Lavoro come fotografo e formatore per aziende, professionisti e appassionati.

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Astrofotografia sul Tripletto del Leone M66

Tripletto del Leone (Gruppo di M66) M66, M65 e NGC 3628 in LRGB fotografato con 200/800 SkyWatcher e QHY 268M QHYCCD mono monocromatica Astrofotografia sul Tripletto del Leone M66 Camera astronomica mono QHY268M: prove e recensione

Ho realizzato in questi anni diverse sessioni di astrofotografia sul Tripletto del Leone (m66). L’interessante composizione deep-sky caratterizzata dalle tre galassie M66, M65 e NGC3628 è un facile e soddisfacente obiettivo astrofotografico.

Le galassie hanno una buona magnitudine e il triangolo galattico che misura ben 9.1′ x 4.1′ è abbastanza esteso da rendersi perfettamente visibile anche su focali corte.

Ricordo di aver iniziato a fotografare queste galassie quando ancora utilizzavo reflex e riflettore Sky-Watcher 200/1000, ottenendo già con gli strumenti dell’epoca risultati soddisfacenti.

Negli ultimi anni ho avuto occasione di tornare a fotografare il Tripletto del Leone durante i test della ZWO ASI 071:

Tripletto del Leone Gruppo di M66 con ASI 071 Astrofotografia sul Tripletto del Leone M66
Sky-Watcher 200/800 – ZWO ASI 071 – Optolong L-Pro

Tornando poi a fotografare il Tripletto più di recente, durante i test della nuova QHY 268M, componendo un LRGB in due differenti notti di acquisizione:

Tripletto del Leone (Gruppo di M66) M66, M65 e NGC 3628 in LRGB fotografato con 200/800 SkyWatcher e QHY 268M QHYCCD mono monocromatica Astrofotografia sul Tripletto del Leone M66
Sky-Watcher 200/800 – QHY 268M – L con IDAS NGS1 + R,G & B Optolong
Consigli e idee per astrofotografia sul Tripletto del Leone M66

Nome: Tripletto del Leone
Catalogo: M 66, NGC 3627
Tipologia: gruppo di galassie
Magnitudine: 8.9

Periodo per fotografarla dall’Italia

Culmina a mezzanotte a metà marzo, il periodo per fotografarla va quindi da febbraio a maggio.

Lunghezza focale consigliata (riferimento sensore APS-C da 23.6×15.6mm)

Dagli 800 mm in su per vederle di una dimensione notevole e ricca di dettagli. A corte focali invece (dai 300 mm) sarà comunque possibile separarle con successo e apprezzare le principali differenze dei tre oggetti.

Reflex modificata obbligatoria

No, in quanto galassia non siamo obbligati ad avere un sensore in grado di vedere l’emissione di idrogeno ionizzato H-Alpha. Se abbiamo una camera astronomica o una reflex modificata, il risultato è sempre migliore, ma per le galassie non siamo obbligati alla modifica.

Filtri astronomici da utilizzare

Per le galassie sempre filtri a banda larga, per raccogliere più colori possibili, salvo esperimenti particolari in banda stretta per realizzare canali H-Alpha o addirittura Oiii da aggiungere all’RGB tradizionale. Se avete un cielo molto inquinato le galassie saranno difficili per voi, potete provare filtri dal taglio “intermedio” tipo UHC-S, ma rinunciando già a parti abbondanti dello spettro. Nulla vi vieta addirittura di provare con filtri multibanda stretta per camere a colori, ma la rappresentazione che otterrete sarà discutibile. Le galassie hanno un’emissione in banda larga, per tanto ha senso fotografarle potendo raccogliere il maggior numero di colori possibili, se non potete farlo valutate di spostarvi sotto cieli migliori.

Per i più esperti

Come per quasi ogni galassia ci troveremo davanti a dettagli molto fini da acquisire e tipicamente a scene con gamma dinamica relativamente contenuta (restando nell’ambito dell’astrofotografia deep-sky).

Per la seconda condizione, se avete una camera astronomica CMOS per astrofotografia, sarà probabilmente ottimale utilizzare una modalità di gain non a zero. Questo ridurrà complessivamente l’estensione della gamma dinamica registrabile, separando però meglio deboli sfumature molto vicine tra loro. Dedicandosi a registrare e a separare meglio le sfumature al di sotto del 50% di grigio, sacrificheremo un po’ i bianchi (potremmo trovarci con i nuclei stellari più o meno bruciati).

Per intenderci, rispetto ad esempio ai tre preset ZWO, utilizzate il preset che imposta il gain nel punto il cui il read noise scende vistosamente.

Questo preset corrisponde a volte all’unity gain della camera, ma non è una regola e dipende dalle caratteristiche generali del sensore. Per identificare la regolazione di gain identificate sui grafici della vostra camera il punto nel quale il read noise crolla improvvisamente, come si vede chiaramente in questo esempio nel grafico rosso.

Per la prima condizione invece potreste sperimentare nuove tecniche e divertirvi, tentando anche qualche prova di lucky imaging, riducendo il ROI e impostando pose brevi e gain alto (restate sempre sopra a 1-2 secondi di esposizione), per ottenere un’immagine che sacrificherà le deboli polveri a vantaggio della puntiformità dei dettagli scolpiti nelle spirali. Senza rinunciare comunque ad una sessione tradizionale a lunga posa (da utilizzare come base principale), potrete poi cercare di unire le due acquisizioni in un’immagine finale che conservi il meglio di entrambe le tecniche.

Per questo genere di acquisizioni io utilizzo la versione completa di Sharpcap che nella parte di live stack permette di gestire la guida con dithering e vi consente anche di salvare i singoli frame per montarli in seguito con PixInsight o Deep Sky Stacker.

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